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BOLLATE - La Musica di Goran BREGOVIC chiude alla grande il Festival di Villa Arconati 2022.

Aggiornamento: 2 gen 2023


BOLLATE - Dopo le bellissime serate di musica e teatro con il duo Paolini-Laquidara e il virtuoso jazz di Simona Molinari, è andato in scena a Villa Arconati l’ultimo capitolo del Festival organizzato dalla Fondazione Augusto Rancilio e il comune di Bollate, anno 2022.


Il compito di chiudere la grande kermesse, che si svolge tradizionalmente dal 1989 tra le mura della villa settecentesca è stato affidato all’icona della musica Balkan nel mondo, ed artista di livello assoluto, Goran Bregovic. Accompagnato dalla “Wedding & Funeral Band” con cui da quasi 20 anni ha instaurato una proficua e collaudatissima collaborazione, ha dato vita ad una delle più belle e suggestive serate di musica degli ultimi anni del Festival. Il binomio tra l’artista e questa band è uno degli esempi più riusciti di mix tra le orientali culture, zigano-balcaniche, e quelle più occidentali di musica rock ed elettronica. Una musica senza confini, dove tutto si fonde e si mescola fino a rigenerarsi in un genere nuovo, e comunque unico e particolare. Bregovic più che un musicista, è soprattutto un creatore di atmosfere. La sua capacità innata di trasmettere sentimenti attraverso suoni e ritmi è la cifra stilistica peculiare della sua intera discografia. Questo tratto è quello che poi, gli ha permesso di scrivere colonne sonore straordinarie di film a sua volta divenuti straordinari come “La regina Margot”, “Il tempo dei gitani”, “Arizona dream” ed anche pellicole pluripremiate come “Underground” di Kusturica.


Il suo concerto di stasera si apre con le tipiche danze balcaniche, e tutto il pubblico da subito entra in clima festante. Le persone vanno ai concerti per divertirsi è vero, ma il pubblico di Bregovic a vederlo, sembra divertirsi molto più di altri. Dalla prima all’ultima fila è una danza incessante fino alla fine. “Wedding & Funeral Band”, un gruppo di musicisti che chiunque dovrebbe poter avere al suo matrimonio, e perché no, anche al proprio funerale.


I brani in scaletta, sono i più grandi successi dell’artista Balcanico. Quelli dei suoi film e dei suoi album solisti più recenti tra cui, “Three letters from Sarajevo”. Si susseguono così atmosfere diverse, ma sempre ben riconoscibili. E’ tutto un mix di emozioni tra musiche gioiose e dolenti, nostalgiche ed accattivanti. Arrivano anche grandi spazi musicali in cui le composizioni si dilatano, ma poi si ricongiungono sempre alla matrice di partenza. Non si può fare a meno di ricordare che l’artista è nato ed ha formato la sua cultura personale a Sarajevo. Immaginiamo lui a 15anni, figlio di un rigido Colonnello Croato dell’esercito Jugoslavo, di madre Serba, in una città di frontiera zeppa di ortodossi, cattolici, ebrei e musulmani, che si incontrano e crescono negli anni 60’-70’ in un completo miscuglio di contaminazioni musicali e culturali. Un frullatore di etnie e religioni da cui ha avuto l’umiltà e l’intelligenza di catturare ed elaborare dentro se’ ogni parte a lui più congeniale, per andare poi ad esprimere la propria arte. Ed ecco cosa è diventato: un compositore contemporaneo, musicista tradizionale e anche rock star, combinando tutto per inventare una musica che è, allo stesso tempo, universale e assolutamente sua.


Il risultato è un giardino di Villa Arconati che viene avvolto da ottoni, suoni di fanfare, tamburi tuonanti, tanghi, jazz, ritmi slavi e folk, fino ad arrivare a melodie turche e polifonie ortodosse, che fanno ballare e colpiscono il pubblico frontalmente e in alcuni tratti in modo spiazzante. Abbiamo visto moltitudini di piedi muoversi all’unisono prima in battere e poi in levare, le diverse generazioni presenti battere le mani e trattenere a stento il proprio corpo dalla smania di muoversi liberamente senza alcuna coreografia precisa. Un sound travolgente che arriva all’orecchio, manco fosse pop contemporaneo. Molte hits estive attingono a piene mani da questi suoni, non sempre purtroppo in modo altrettanto creativo, come quello del genio balcanico.


Pochi musicisti sono riusciti a sviluppare un’arte così varia, che combina insieme una così grande varietà di stili e tecniche, senza perdere la propria identità. Sul finire del concerto il pubblico è sempre più appassionato e partecipe, quasi prossimo al delirio. Tra applausi interminabili, Bregovic ringrazia e conferma la sua passione per il pubblico italiano. L’impressione finale è di aver assistito a uno spettacolo puro, che conferma la grandezza e l’abilità di un’artista, ad oggi, dalle intuizioni e dalle capacità veramente rare. Una dimostrazione evidente di come la musica sia un linguaggio universale e che spesso colpisca maggiormente al cuore di chi la ascolta, se proviene direttamente dalle radici di una cultura popolare, umile e profonda.




#Matteo Mandelli

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